La parola alle famiglie
Percorsi integrati e progetti di vita
Narrative based medicine
I primi commenti dai pediatri |
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Giugno 2003 |
Mentre leggevo la lettera (nel primo di tuoi messaggi, quello indirizzato alla
mailing-list letterapediatrica) pensavo proprio ad "Un Pediatra per Amico".
In realtà la lettera è più interessante per un pediatra
che per un genitore, però probabilmente molte delle testimonianze dei
genitori di cui parli nella lettera potrebbero trovare spazio nella rubrica
"La parola ai genitori".
Ti sarei molto grato se tu riuscissi a procurare materiale.
Grazie per la collaborazione.
Un saluto affettuoso.
Enzo
PdF Roma
www.uppa.it
Fatto:
Sul numero di Un Pediatra per Amico di Settembre 2003 uscirà una testimonianza
di Enrico Barone, papà di Andrea, bambino con sindrome Down di 7 anni.
mi sembra una buona idea (mi è anche arrivata la tua e-mail via Forum
Ped on Line).
Speriamo che qualcuno risponda ...
A presto,
Luca
Pediatra del Servizio di Informazione e Consulenza,
Associazione Italiana Persone Down, sezione di Roma
ho letto tutta la tua e mail anche su Forum. E' bellissima l'iniziativa e
ho cominciato a divulgarla a tre NPI (F,P,S) che so molto disponibili.
A presto
M.Edoarda
Pediatra SMI RMC
Cara Luchino,
concordo con quanto scrivi sull'importanza del ruolo della famiglia nell'affronto
della malattia cronica -ma è lo stesso in generale anche per il bimbo
"sano"- e sul rischio di noi pediatri di rinchiuderci in un ruolo
strettamente "tecnico" che tagli fuori il più possibile il
coinvolgimento umano. Si tratta spesso di una scelta comprensibile dato il possibile
peso "doloroso" di una tale condivisione. Tuttavia il fatto per molti
di noi di essere Pediatri di Famiglia e dunque di avere il compito istituzionale
di seguire nel tempo i nostri piccoli pazienti collaborando coi genitori, ci
porta a costruire comunque (consenzienti o meno) quel sottile, delicato ma efficace
rapporto di fiducia, altrimenti detto medico-paziente o meglio per noi pediatra-famiglia-paziente.
Colgo dunque positivamente la tua emozionata ed emozionante "provocazione"
che ci richiama al dato che nel nostro lavoro la capacità professionale
presuppone o dovrebbe presupporre un rapporto fra persone su cui costruire quell'
"alleanza terapeutica" positiva in ogni senso.
Mario Narducci
PdF Cavenago di Brianza MI
Caro Narducci,
grazie per la risposta. Concordo sul ruolo di pdf, così come tu lo
descrivi, che affina nel tempo la tecnica e l'empatia con il counseling: soddisfazioni
sufficienti ad incassare anche le molte frustrazioni inevitabili, e andare
in attivo con l'autostima ;)
E non voglio dire che bisogna fare di più. Per carità: forse
è già troppa l'efficienza...Stendiamo un velo sull'efficacia.
Forse dobbiamo fare meno, ma in modo diverso, soprattutto nei casi complessi,
dove i percorsi integrati si integrano poco, dove le Soluzioni non ci sono.
Forse bisogna condividere un approccio culturale diverso, dalla formazione
degli operatori, alla programmazione di interventi che coinvolgono diverse
istituzioni.
Forse possiamo dimostrare che l'ascolto e la condivisione delle responsabilità
con la famiglia, è uno strumento necessario, non solo auspicabile,
e che le difficoltà sono reciproche e si affrontano solo insieme, alla
pari, condividendo le risorse.
La famiglia che per definizione ha bisogno di aiuto multidisciplinare, è
in grado di esprimere e guidare.
Non ne è consapevole, a volte.
Non sa quale grado di libertà può avere: è un "utente
di servizi", dove nella frammentazione degli interventi è implicita
una delega d'ufficio, istituzionale, periodica e non condivisa, alla famiglia,
solo quando le cose si mettono male.
La particolarità dell'esperienza che ho raccontato nella prima mail,
sta nel fatto che durante quella riunione io ero priva di RUOLO. Trasparente.
Le famiglie non parlavano con me, a me. Molti non sapevano affatto che non
ero "dei loro".
Si raccontavano uno all'altro, lunghe storie ( rigorosamente scritte, pacate,
complesse ) di progetti di vita in cui loro erano stati i veri registi, barcamenandosi
tra interventi frammentari delle strutture, scegliendo, mediando, indirizzando,
ringraziando, ma sempre andando oltre...verso nuovi scogli e fasi della vita,
con difficoltà ma anche grande "essenzialità", salvando
le vite autonome degli altri figli, e tutta l'autonomia possibile del figlio
disabile, a volte gestendo con rassegnazione interventi terapeutici confondenti,
in attesa e speranza di meglio, talvolta rinforzando i benefici di rapporti
professionali adeguati, scegliendo quando possibile, insomma... i veri registi.
Una capacità di giudizio e analisi, per il loro singolo caso, molto
più discriminante della mia. E lungimirante. E più umile. Che
botta, ragazzi!
Ciascuno di loro, per il quel caso specifico del loro bambino, era un vero
esperto, fonte di conoscenza per ogni operatore.
Se solo fossero stati ascoltati meglio, con rispetto delle loro intuizioni
e competenze affettive, nel loro percorso, si sarebbe risparmiato un pò
di dolore e anche risorse economiche.
Nessuna polemica, solo evidenza di testimonianza.
Genitori straordinari?
No: consapevoli, più consapevoli di altri delle loro competenze. Pensano
che mettendo insieme le loro esperienze, possono contribuire a migliorare
i progetti di vita di tanti.
Ho deciso di amplificare tra noi la loro voce.
Tutto qui.
Spero di risentirti.
Flavia Luchino
PdF Roma
Cara Luchino, sono profondamente convinto che in medicina come in ogni altro
aspetto dell'esistenza la persona è la prima risorsa (brutta parola
mediata dall'economia, ma rende l'idea): come ti dicevo per telefono non è
il ruolo che ti dà consistenza (puoi essere uno spazzino) ma è
la persona che dà dignità al proprio lavoro (uno spazzino cosciente
e coscienzioso è semplicemente degno).
Questo appunto è ancora più evidente in sanità dove non
si ha a che fare con oggetti ma altre persone e dove l'atto medico scaturisce
dal famoso rapporto medico-paziente, che in pediatria diventa medico-famiglia-paziente.
Dico anche paziente perchè non credo che esista un'età tanto
precoce da impedire al pediatra di trattare il bimbo come un proprio paziente
in maniera diretta, tenendo conto delle sue reali possibilità di comprensione
e responsabilità e del contesto familiare in cui è posto. Dunque
come premessa -poco valutata nella nostra medicina scientifica di derivazione
illuministica- all'atto tecnico sta una capacità di rapporto che va
in entrambi i sensi dal medico alla famiglia e viceversa. Credo che questo
sia l'aspetto di maggior rilievo nella mia vita professionale quotidiana che
mi consente di affrontare ogni giorno come un'avventura nuova, piena di responsabilità
e freschezza (almeno quando me lo ricordo).
Un poco come quando sorge il sole all'alba...se sei distratto o stanco non
te ne accorgi nemmeno, se sei attento è sempre meraviglia e stupore.
Così appunto puoi renderti conto che non sei tu medico con tutto il
tuo sapere a determinare la vita degli altri (non ne siamo i padroni!), al
massimo la puoi accompagnare condividendola ed offrendo il poco che sai per
affrontarla meglio.
Essere testimone di quanto la realtà costruisce davanti ai tuoi occhi
fa crescere la propria umanità e dà gusto e senso alla fatica
che ogni giorno ci accompagna. Venendo a quanto mi invii, condivido in pieno
il desiderio ed il tentativo che una compagnia di amici sia messa insieme
per sostenere una posizione così nella professione, consentendo di
approfondire il giudizio e la comprensione e dunque il gusto su quanto ci
è dato di incontrare. Se poi questa compagnia è così
forte e matura da provare a rendere ragione pubblicamente di quanto ha scoperto
ancora meglio, si tratta di una verifica che obbliga ad approfondire le ragioni
da cui si parte e le conclusioni raggiunte. Personalmente vivo già
una compagnia con altri colleghi esattamente a questo livello nella realtà
dove vivo, messi insieme in fondo proprio per quella ragione. Ma forse il
tentativo che avete in animo di provare ha un obiettivo più specifico:
mostrare quanto di positivo ed originale la famiglia di fronte alla prova
della malattia -specie se cronica- sa "mettere in campo", inventare
ed affrontare partendo da un'ipotesi positiva sul destino del proprio congiunto.
Si tratta di un aspetto che lascia spesso anche me a bocca aperta! Comunque
questi accennati sono alcuni accenti che vorremmo tanto anche io e gli amici
con cui portiamo avanti l'esperienza dell'ACP-Milano siano trasmessi nel congresso
nazionale ACP 2003 che stiamo organizzando per ottobre a Varese. Non posso
comunque in ogni caso non dichiararmi vicino alla sensibilità sulla
professione che state esprimendo. Cordiali saluti
Mario Narducci
PdF Cavenago di Brianza MI
Carissimi di Forum, solo ora (causa Convegno di NPI) posso riprendere
l'argomento di Flavia. Voglio confermarvi che quello che ha scritto le esce
dal cuore ed è frutto di un percorso che dura da sempre e che nasce dalla
spontanea e sincera passione per cercare di capire le cose, le persone, la vita.
E' la ricerca di quell'equilibrio instabile che vede da una parte il medico,
lo studioso della fenomenologia, il cultore della presunta verità, e
dall'altra l'uomo, che è bambino, genitore, nonno, famiglia, che ora
è sano, che ora è malato, che ora ha un handicap, che chiede aiuto,
che cerca di andare avanti, che vuole qualcuno che ascolti, che cerca speranza.
E quando il medico si trova dall'altra parte, dalla parte dell'uomo, dalla parte
della sofferenza, e inizia a condividere l'incertezza, la confusione, il dolore,
si accorge di iniziare un nuovo percorso, quasi una scuola di formazione dove
oggetto di studio non sono le classificazioni diagnostiche, ma tutto quello
che è il vissuto del paziente e della famiglia, i valori umani e le risorse
interiori, la narrazione della propria storia.
Flavia ha trovato collaborazione, coraggio, competenza, sofferenza, impegno,
amore, comprensione in queste famiglie. Famiglie che spesso piombano improvvisamente
e inaspettatamente nella realtà di un figlio seriamente malato; famiglie
che devono sopportare situazioni difficilissime e troppo pesanti, tanto che
non di rado si sfasciano.
Sono sicuro che studiare queste realtà (ascoltare le storie di ciascun
bambino, conoscere i gruppi dei genitori e i gruppi di sostegno che in altre
realtà sono importantissime per migliorare la qualità di vita
dei pazienti e delle famiglie) sia non solo utile, ma fondamentale per la formazione
del pediatra.
Un po' l'ha fatto Medico e Bambino con "I casi indimenticabili" e
l'esperienza di Mastroiacovo (bellissima) sarebbe senza dubbio da ripetere.
Non facciamo in modo che questo grande tesoro umano e formativo vada disperso.
Federico Marolla
PdF Roma
Federico! Grazie per l'attenzione che hai dedicato a questa cosa, che è
così vicina a tutto quello che tu fai ogni giorno, e così bene,
eppure ha la presunzione di ribaltarne un poco l'ottica, il gioco dei ruoli.
So quanto tu sai stare ai giochi con onestà e rispetto delle regole,
anche se ardue. E sai il rischio che corri... e te ne infischi.
Non ho mai dubitato che avresti colto il segno.
Grazie.
Di EBM, strumento insostituibile di onestà intellettuale, si parla sempre
di più.
Chi resiste dovrà adeguarsi. Meglio così.
Si parla poco del fine ultimo del nostro lavoro. pdf. La "f".
Eppure ci stiamo abituando a dosi massicce di progetti, leggi, raccomandazioni,
che non negano più la voce alle famiglie (e come potrebbero?) ma ne negano
il valore e l'efficacia, la burocratizzano, relegandola nelle solite due righe
irrinunciabili e trascurabili nei fatti.
Chi resiste dovrà adeguarsi? Adeguarsi al silenzio?
(che frase d'effetto, mi è saltata fuori! wow! me la vendo per il prossimo
progetto...)
Ed ecco:
la "narrazione". E' una forma di solidarietà ancora poco
conosciuta.
E' più facile lo sfogo, la lamentela, privata, retrospettiva, distruttiva.
La narrazione, come finalmente capisco, o credo di capire, è costruttiva,
esce dal privato ed è proiettata nel futuro.
Avrà un futuro. Diamole spazio.
A presto
Flavia
Grazie di cuore per la tua lettera che mi ha fatto bene al cuore e mi ha
fatto pensare, era così sincera che... mi ha commosso.
Un bacione
Rossella Cannavò
PdF Roma
cara flavia la semplicità è la caratteristica che mi ha sempre
affascinato nei ragazzi con sindrome di Down e le loro capacità di
comunicare sono grandiose e credo che sia nostro compito saperli ascoltare,
con le loro famiglie.
tvb anna
PdF Roma
Cara Flavia,
forse ti interessa il progetto "Genitori quasi perfetti" che si sta
svolgendo in Friuli Venezia Giulia e la sua componente di informazione e di
tramite rispetto a tutto quello che la comunità locale e i servizi possono
offrire. Di base si tratta di un progetto che promuove l'azione e il supporto
di mamme a mamme più "inesperte".
Abbiamo prodotto un'agendina che serve appunto alle mamme helper e che
contiene informazioni sulla gravidanza e il puerperio dal punto di vista sanitario,
legale, sociale ed è corredato dagli indirizzi utili del territorio.
Se pensi ti sia utile ti posso inviare una copia per posta.
Un caro saluto
Alessandra
www.salutedelbambino.it
Cara Alessandra,
il vostro progetto è molto vicino a quello che pensiamo di fare, proponendo
uno scambio di esperienze sui percorsi dei bambini con malattie rare.
Ho finito adesso studio, dove come al solito alcune mamme hanno allattato in
sala di attesa, e altre mamme si sono lanciate nei loro racconti…
Questo si può fare, tutte le mamme ci passano. Certo l'agendina e una
rete di helper, aiutano meglio!
Per i problemi rari l'isolamento è duro, magari si potrebbe fare l'agendina
e la rete helper on line...
Io penso ad un sito, dove le famiglie scrivono, raccontano, e se non hanno internet,
lo fanno dal mio studio... o quello del loro pediatra a Roccapiedipaperodisotto.
ciao e grazie di tutto
Flavia
www.conosciamocimeglio.it
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