Mia
figlia si chiama Ester, ha diciassette anni. |
Mia
figlia si chiama Ester, ha diciassette anni.
Non voglio più indulgere nel ricordo dell'esperienza traumatica
legata alla sua nascita ed a come la notizia mi è stata comunicata.
Questa è una storia superata.
Ormai lei conduce una vita molto vicina a quella di una ragazza normodotata
della sua età, grazie soprattutto all'assidua frequenza del "Corso
di autonomia" gestito dall'Associazione Persone Down.
Ester si sta confrontando con successo con la difficile consapevolezza
del sentirsi grande e comportarsi da grande.
Non senza incertezze e insicurezze si sta rendendo conto che anche lei
, da sola , è capace di fare una serie di cose, importanti per
la conquista della sua autonomia come recarsi alla fermata dell'autobus,
osservare e contare le fermate, riconoscere la sua, prenotare la discesa,
scendere al momento opportuno e raggiungere il "Club dei ragazzi".
Questo appuntamento settimanale è un evento che la motiva e la
anima. Mi accorgo che a volte anche se la stressa un po', ciò nonostante
il desiderio di rincontrare gli amici del gruppo, gli stessi operatori,
è più forte delle sue incertezze.
L'effetto positivo di questa nuova consapevolezza, si è riverberato
anche nei rapporti con i compagni di scuola, nei confronti dei quali sta
dimostrando maggiore capacità d'interazione.
Devo dire che nell'affrontare questo percorso l'ostacolo maggiore è
stata la sfiducia e spesso anche la riprovazione manifestata nei miei
confronti di madre, persino dai familiari più stretti.
Per aiutare una ragazza come Ester non solo ad acquisire, ma soprattutto
a rafforzare la coscienza e l'orgoglio del sentirsi "grande"
è indispensabile che lei percepisca intorno a sé un'atmosfera
incoraggiante e non svalutante.
Bisogna riconoscerle capacità e darle fiducia.
Bisogna imparare a riconoscere il suo valore, solo così lei potrà
trovare in sé stessa la forza per potersi "staccare"
dalle figure parentali ed in particolare da me che sono sua madre.
Potrebbe sembrare superfluo, ma forse vale la pena ricordare che un tale
comportamento manifestato da parte dei genitori ed in particolare dalla
figura materna che tanta influenza e tanto potere, in forza del suo ruolo
esercita nei confronti di tutti i figli,
normodotati e non, può solo produrre effetti positivi.
Riconoscere
valore e capacità nel figlio inteso come "persona" diversa
e indipendente da noi, significa contribuire a porre le basi per l'edificazione
di quel complesso edificio che è la fiducia in sé stessi,
la volontà di confrontarsi con le situazioni che la
vita ci propone, la capacità di prendere delle decisioni.
Tutto ciò naturalmente nel rispetto dei tempi, delle modalità,
delle capacità dell'individualità, della unicità
di ognuno di loro.
Tutto ciò non significa disinteresse, né superficialità,
né leggerezza o sottovalutazione delle difficoltà e dei
problemi di percorso; al contrario significa una costante vigilanza, capacità
di osservazione sulla qualità e opportunità dei nostri
comportamenti e significa anche sviluppare una sapiente capacità
di sapersi mettere in discussione e di saper chiedere aiuto (per esempio
agli operatori dell'associazione per i figli Down, a uno psicologo, o
a qualcuno cui riconosciamo esperienza e a cui diamo fiducia, etc.), da
soli non potremo farcela.
Giuseppina
De Grossi madre di Ester Leone
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