Una proposta di sostegno per bambini con sindrome di Down
Una proposta di servizio per ragazzi scout di 17-18 anni
Ho preparato una nota sulla ns esperienza con due ragazzi scout insieme con
nostro figlio Federico.
Vorrebbe essere da un canto un mero resoconto di un'esperienza singolare,
dall'altra vorrebbe essere uno sprone a fornire ai nostri figli ma anche a
ragazzi dai 17 ai 19 anni una possibilità di conoscere una realtà,
che non capita spesso di vedere così da vicino.
Naturalmente potrebbe anche rappresentare un momento per confrontarsi sia tra
familairi che hanno vissuto questa esperienza sia tra scout che hanno fatto
provare questo tipo di attività di servizio al prossimo.
Fare un bilancio dell'esperienza e prevedere dei cambiamenti. Dare dei suggerimenti.
Che bella idea! Dimmi se la mettiamo in area narrativa o informativa e con
quale titolo: quello che c'è in attach non cita gli scout ( nè l'età di
Federico).
Per me potrebbe essere inserita nell'area narrativa (visto che non do' delle
informazioni, ma semplicemente un'idea da sviluppare ...).
Rispetto al titolo: l'età del bambino/ragazzo è, credo, indifferente
(penso a quelle situazioni, ragazzi di 11-12 anni, in cui i propri coetanei
cominciano a selezionarli ...).
Rispetto allo scautismo, la precisazione forse è più indicata
perché la particolarità sta anche nel fatto che i ragazzi son
seguiti dai propri responsabili nel loro cammino di crescita, mentre le normali
attività di volontariato prevedono che la persona si occupi di chi ha
bisogno senza aver lui qualcuno che lo segua ... Però così rischia
di diventare una proposta per lo scautismo (o una pubblicità indiretta
...), mentre io pensavo ai familiari e ai ragazzi con sdd.
Forse il titolo dovrebbe essere invertito (prima il riferimento alla sdd, poi
all'attività di servizio ...).
Ecco l’esperienza di Federico e dei suoi due amici scout.
Grazie, Giampaolo!
Una proposta di sostegno per bambini con sindrome di Down
Una proposta di servizio per ragazzi scout di 17-18 anni
Nel corso dell’anno 2003 – 2004 noi genitori di un bimbo con sdd
di nome Federico abbiamo pensato di proporre a nostro figlio la conoscenza
di due ragazzi di 17 anni dei quali diventare amico. Siamo partiti dall’idea
che di fronte a ns figlio si presentano solo figure adulte di riferimento,
formate, “sicure”: noi genitori, i nostri parenti, il corpo insegnante
(docenti, insegnante di sostegno, le AEC), l’istruttrice sportiva (nuoto,
ora interrotto, per via dell’intervento alle orecchie e della presenza
permanente di drenaggi trans-timpanici), l’insegnante di musica (in alternativa
allo sport).
A nostro avviso pensavamo utile che Federico conoscesse dei ragazzi un po’ più grandi,
con cui giocare, fare attività manuali, passeggiare per negozi, insomma
degli amici, che nulla insegnano ma che hanno solo da condividere la propria
esperienza di fratelli un po’ più grandi …
Abbiamo chiesto al gruppo scout presso cui il papà di Federico è iscritto
come capo (non in attività), se vi fossero ragazzi disponibili a questa
esperienza.
I responsabili del Clan (ragazzi tra 17 e 19 anni) hanno individuato delle
persone che avevano bisogno e avevano voglia di fare questa esperienza di impegno
continuativo nei confronti di una persona, così come è previsto
nel metodo educativo AGESCI per quella fascia di età.
Pertanto si è proposta un’esperienza di amicizia per nostro figlio
e contemporaneamente educativa per i due ragazzi.
Naturalmente abbiamo costruito insieme (noi genitori, i capi scout, i ragazzi
coinvolti) un piccolo progetto, con finalità condivise, obiettivi verificabili
e strumenti riconoscibili.
In particolare abbiamo individuato per Federico i seguenti obiettivi:
- imparare a esprimere le proprie sensazioni e giudicare gli eventi sulla
base di esse (“è bello, non mi piace, è buono, ….”)
- imparare a costruire intere frasi, in particolare imparare a esprimere dei
concetti, con l’aggiunta dei verbi alle parole che già sa usare;
- imparare nel gioco ad avere pazienza, a capire e seguire le regole, e applicarsi
con impegno (non abbandonando l’attività, al momento della difficoltà);
- imparare a colorare.
Alla libera iniziativa dei ragazzi la scelta degli strumenti da utilizzare
per affrontare i vari ambiti.
Cosa importante in qualsiasi caso doveva essere (e così è stato)
il progressivo distacco da noi genitori e l’acquisizione di piena fiducia
di Federico e poi anche di noi genitori nei confronti dei due ragazzi.
Abbiamo anche concordato di verificare periodicamente (una volta al mese,
circa) l’andamento, sia rispetto a nostro figlio sia rispetto alla esperienza
dei ragazzi con ns figlio (per questo era sempre presente uno dei responsabili
dei due ragazzi).
In particolare ci si prefissati di ripensare a:
- cos’ha fatto nostro figlio nel mese trascorso con i ragazzi
- in cosa i ragazzi osservavano progressi o peggioramenti
- quale comportamento assumeva Federico nei confronti dei ragazzi
- come i ragazzi si trovavano con Federico e con noi familiari
CONCLUSIONE
E’ stata una esperienza estremamente positiva per nostro figlio, che
ancora oggi fa riferimento ai due ragazzi quando ricorda le persone per lui
più significative (che cita, quasi come un rosario, al termine della
giornata). Sappiamo, anche in via indiretta, che anche per i due ragazzi è stato
un anno significativo, che ha dato coraggio delle proprie capacità a
chi pensava di non essere all’altezza della situazione, ha dato la voglia
di esprimere le proprie emozioni a chi generalmente non è abituato a
parlare troppo, ha dato ad entrambi un quadro più ampio della vita di
una famiglia alle prese con un handicap mentale sia in casa che nei vari contesti
in cui si trova a vivere. L’esperienza è stata “contagiosa” in
quanto anche altri ragazzi scout del gruppo di coetanei a cui appartengono
i due ragazzi saltuariamente son stati da loro coinvolti in esperienze particolari
(festa dell’associazione di riferimento di Federico, l’AIPD; festa
di compleanno di Federico e della sua gemella Silvia).
Giampaolo Celani Roma, 16 Settembre 2004
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