Home


Anche un sito può servire

Anna Marchese Razzano

genitore, fondatrice AIPD, consulente SIC
(Servizio di Informazione e Consulenza, Sezione AIPD di Roma)
Presidente della Fondazione Italiana Verso il Futuro
www.casaloro.it

 

Più di 25 anni fa ci siamo ritrovati in un'aula dell'Università La Sapienza di Roma.
Eravamo un piccolissimo gruppo di genitori e ci accomunava l'avere un figlio con la sindrome di Down.
Il prof. Nicoletti che, in tempi diversi, aveva fatto la mappa cromosomica ai nostri figli e ci aveva comunicato la notizia, aveva voluto farci incontrare.

Voleva tirarci fuori dall'isolamento in cui eravamo, dopo che ci era stata data la notizia, e nello stesso tempo era convinto che, insieme, saremmo riusciti ad attivarci per aumentare l'informazione corretta sulla sindrome di Down e riuscire a diffonderla.

La prima cosa che cominciò a funzionare in maniera spontanea, fra noi genitori, durante le riunioni che facevamo una volta la settimana, fu lo scambio di esperienze.
Chi aveva bambini più grandi raccontava dei propri figli a quelle coppie che avevano bimbi ancora neonati. Erano racconti che tranquillizzavano, e aprivano spiragli di speranza per il futuro.

In quegli anni le informazioni sulla sindrome di Down erano scarse e di solito si limitavano ad un elenco di problemi fisici o psichici, che le persone con sindrome di Down potevano avere.

Il contatto fra noi genitori ci permise di parlare anche delle cose positive che notavamo dei nostri figli. Vivendo con i bambini, avevamo capito che comprendevano, crescevano, maturavano, apprendevano, si integravano nella famiglia, non erano solo quell'elenco di problemi che avevamo letto su qualche enciclopedia o ci era stato detto da qualche medico.

Confrontandoci, comprendemmo che l'idea diffusa corrente che le persone Down erano uguali fra di loro, era sbagliata: i nostri figli somigliavano ai propri familiari sia nel fisico che nel carattere, ognuno di loro aveva la propria personalità, le proprie preferenze.

Spesso, queste osservazioni positive sui nostri figli, non riuscivamo a comunicarle a chi non viveva il nostro stesso problema, perché pensavamo di essere presi per visionari.
Allora, non solo noi, ma tutta la società in genere aveva delle aspettative quasi nulle sulle capacità delle persone con sindrome di Down.

Altro argomento che toccavamo spesso, durante le nostre riunioni, era il racconto delle difficoltà che incontravamo quotidianamente, e di quello che sarebbe stato utile che ci fosse per migliorare la nostra vita e quella dei nostri figli, nel presente e nel futuro.

La prima necessità impellente era di avere un'informazione corretta sulla sindrome di Down: volevamo sapere quali sarebbero stati i limiti dei nostri figli, quali le loro capacità e cosa potevamo fare, noi genitori per farli crescere nel modo più armonico possibile.

Fra di noi c'era anche il desiderio di far arrivare le informazioni, che intanto eravamo riusciti a raccogliere, agli altri genitori che non facevano parte del nostro gruppo, ma che avevano il nostro stesso problema.Noi avevamo tratto vantaggio nel sentirci uniti e avevamo acquistato forza per andare avanti.

Questo sentimento di condivisione volevamo trasmetterlo agli altri genitori.
Così nacque l'esigenza di dare una veste ufficiale al nostro gruppo e di lavorare in maniera più organizzata e per questo creammo l'Associazione Italiana Persone Down, che allora chiamammo Associazione Bambini Down.
Da allora, l'Associazione ha lavorato perseguendo gli stessi obiettivi con le modalità più disparate: pubblicando informazioni sui settori che interessano la sindrome di Down, organizzando e partecipando a Convegni, istituendo servizi rivolti alle famiglie e agli operatori socio-sanitari e continuando a promuovere l'incontro, in piccoli gruppi, fra genitori i cui figli sono della stessa fascia d'età, sempre al fine di permettere lo scambio di esperienze.

La proposta di condividere l'esperienza del sito ci è sembrata la moderna integrazione a tutte le attività che quotidianamente l'Associazione porta avanti.
Pensiamo che un sito può affiancare e potenziare, anche se non può sostituire, le realtà che negli anni sono nate e cresciute e che nel tempo hanno contribuito a modificare la qualità di vita delle persone con difficoltà.
Quando parlo di realtà mi riferisco alle tante Associazioni nate intorno agli anni settanta-ottanta. Quasi tutte volute dall'incontro di medici e genitori, per affrontare le specifiche problematiche di diverse sindromi cliniche.

Un sito può mettere in contatto persone lontane fra loro, ma che hanno in comune un problema e si possono sostenere scambiandosi le loro esperienze.
Può dare la possibilità di accedere ad informazioni importanti e di diffonderle rapidamente ed è un mezzo per sentirsi meno isolati.
Tutto questo sta succedendo nei primi mesi di vita del nostro sito.
In numero discreto hanno chiesto informazioni, si sono raccontati, hanno chiesto supporto per situazioni difficili.

La nostra speranza è che, accanto al desiderio di raccontarsi, possa sempre più crescere la voglia di sentirsi partecipi, contribuendo alla raccolta dati che aiuterebbe a delineare un profilo sempre più preciso sulle caratteristiche delle persone con sindrome di Down.

Ancora crediamo fondamentale il tendersi le mani per sostenersi, raccontarsi e ascoltare, fare domande e avere risposte, per poi ritrasmetterle ad altri.
Un sito ci sembra che possa facilitare tutto questo.

Roma, 7 Maggio 2002

Anna Marchese Razzano